TRAMA
Sandro e Maura sono sposati da circa dieci anni, ma non possono certo definirsi due santi. Tradimenti, differenze sociali e incomprensioni di una storia nata già sbagliata mettono in crisi il loro matrimonio. Solo l’affetto per la figlia Eva è forte e profondo. Ma persino questo sentimento, l’unico per cui riuscire a trovare il modo di non fare della separazione un sanguinoso campo di battaglia diventa, invece, la miccia, il pretesto, il luogo dell’odio che totalizza e tutto spazza via. Una vicenda familiare feroce e appassionante, una guerra in nome dell’amore dove il verbo amare viene coniugato solo all’imperfetto del tempo sprecato e del futuro perduto.
Sylvia Kant, già autrice di due bestseller erotici, ha smesso per un attimo i panni della dark lady, e scritto un romanzo intenso, coraggioso, ma soprattutto autentico. Impossibile smettere di leggerlo o dimenticarlo, una volta girata l’ultima pagina.
Sylvia Kant, già autrice di due bestseller erotici, ha smesso per un attimo i panni della dark lady, e scritto un romanzo intenso, coraggioso, ma soprattutto autentico. Impossibile smettere di leggerlo o dimenticarlo, una volta girata l’ultima pagina.
RECENSIONE
Matteo
l’evangelista, diceva (7:11) che un padre amorevole dovrebbe “saper dare doni
buoni ai suoi figli” umilmente aggiungo che dovrebbe essere messo in condizione
di poterlo fare.
Salve,
mi presento a voi per chi non mi conosce: sono Antonietta una lettrice compulsiva
dall’età di 7 anni, leggo di tutto, ma dovendo scegliere preferisco le storie
d’amore perché sono una sognatrice e grazie alla lettura posso vivere storie
diverse viaggiando in posti diversi.
Eccomi
qui a cercare di parlarvi dell’ultimo lavoro della grandissima e amata Sylvia
Kant e vorrei farlo iniziando con il ricordarvi le sue avvertenze, ebbene sì,
anche io, non comprate questo libro solo per il nome dell’autrice, non
aspettatevi una copia del mitico Antony, qui è tutta un’altra storia.
Mi
raccomando, lettura consapevole.
Ed
ora veniamo a noi, vi giuro ho l’ansia, ho paura di dire troppo o troppo poco,
vorrei riuscire a farvi arrivare tutte le sensazioni che mi ha trasmesso, ma
soprattutto non vorrei per nessun motivo sbagliare nel recensire questa storia,
quindi chiedo la vostra clemenza ed io prometto di mettercela tutta.
Questa
è la storia di Sandro, un uomo, un marito, ma soprattutto un padre.
Egli è un uomo buono,
fragile, ansioso, isterico, cerca sempre di accontentare chi ama, come
marito è consapevole di aver sposato,
per i motivi sbagliati, una donna che sa di essere causa del suo male, di
essere stato lui a mettere in mano alla moglie il coltello per pugnalarlo, ma
come padre è, invece, semplicemente perfetto.
Affettuoso
e dolce, ama di un amore profondo la sua creatura, Eva, sua figlia cercata e
voluta, il suo cuore batte per
lei, respira, vive… solo per lei cerca con ogni mezzo di fingere, ingoia
il suo orgoglio, chiede un punto di incontro con la madre di sua figlia e da qui inizia l’odissea di un padre
separato.
Maura
chi è? Vorrei tanto potervi dire qualcosa di buono su di lei, ma non è possibile.
È
la moglie di Sandro, una donna gretta, povera culturalmente, tutta “casa e famiglia”…la
sua di nascita, cattiva fino al midollo, bugiarda, usa la figlia come arma e mezzo
per i suoi scopi, Sylvia la definisce una “merda”, che più la muovi più puzza
ed è esattamente questo che è nel vero senso della parola.
Questa
storia è la storia di tanti padri separati a cui viene data voce, un grido di
dolore, una sofferenza straziante, basta leggere le cronache per renderci conto
che ci troviamo davanti una storia cruda, vera, reale.
La
mia domanda è: perché?
Io
davvero non capisco come si possa trasformare l’amore di un figlio in uno
strumento di lotta, di saccheggio della altrui dignità, di somma punizione,
defraudando un genitore di un dono e diritto naturale.
Alcuni
uomini vengono colpiti da queste donne vendicative che si arrogano lo ius vitae et necis sulla loro posizione di genitore, utilizzando
nel conflitto in corso l’arma più deflagrante, quella più spietata: infangare e
calunniare, marchiare quest’uomo con ogni mezzo ad ogni costo.
Ci
viene esposta una donna che soffre della
sindrome della madre malevola nei casi di divorzio con tutto ciò che ne
consegue.
In
molti casi sia per la giustizia che per i figli questi padri vengono considerati solo come
banca del seme e compilatori di assegni.
Neanche
il tempo potrà riparare i danni che queste lotte producono: anni perduti, affettività
compromessa, fiducia persa, equilibri vanificati.
Mi
fa male il cuore per Sandro, mi fa pena, annulla la sua vita e quella di coloro
che gli sono vicino, il viso sommerso dalle lacrime, piegato nel suo dolore,
sente di non farcela più, tante volte chiude gli occhi, il buio lo circonda,
trema, ma l’amore per il suo tesoro è più forte di tutto, lotta come un leone,
arma una battaglia di cui nessuno sarà né vincitore né vinto.
Qui tutti hanno da perdere, tutti perdono…
Mi sono arrabbiata insieme a Sandro, avrei voluto entrare nel
libro e insultare con i peggiori epiteti Maura, Eva e tutti quelli che si
fermano a credere solo a ciò che sentono dire, alle chiacchiere, al mormorio, senza
andare oltre, scavare, e
chiedersi se forse non ci sia una
versione diversa da quella che gli viene raccontata.
Questa
è la storia di una separazione, come
tante altre in Italia, delineata da ingiustizie giuridiche e umane ed è tale da
indurre a pensare che un padre e una madre non abbiano gli stessi diritti
davanti la legge.
Vorrei
fare un plauso a quella grande autrice, ma soprattutto donna che è la nostra
Sylvia, anche in questo lavoro si è superata, con il suo modo crudo e diretto,
scritto in terza persona, ci fa vivere la vita vissuta dai suoi personaggi, ci
fa arrivare le emozioni, il dolore, la desolazione, la sconfitta di un
matrimonio, di una società, di una giustizia, spesso sbagliata, cieca e maligna.
Scorre fluida ed è un piacere leggerla, attrae
incitando il lettore a leggere per sapere come andrà a finire ed io questo
ovviamente lascerò a voi scoprirlo. Vi consiglio con il cuore di leggere questa
storia, di darle una possibilità, magari perché no, di amarla come l’ho amata
io.
Grazie,
grazie Sylvia, grazie soprattutto per aver creato un personaggio come Sabrina che fa rivalutare di molto il genere
femminile… e qui mi fermo.
Antonietta Di
Serio
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